INSTAGRAM TI FA SENTIRE PIÙ SICURO O PIÙ INSICURO?
È questa la domanda che la Ricerca si sta ponendo in questo particolare momento storico in cui uomini e donne giovani e meno giovani giocano a rendere la loro vita più social.
Ma è proprio un gioco?
Per qualcuno, me compresa, Facebook e Instagram sono piattaforme di business quindi strumenti di lavoro e anche molto validi perché danno la possibilità di interagire in molti modi e ti permettono di trasmettere i tuoi messaggi in un modo molto immediato; per altri sono un mezzo di informazione e un modo di comunicare ma per la maggior parte sono uno svago, un passatempo, un gioco appunto.
E allora dovremmo prenderla come un gioco. Invece no: gli ultimi studi da parte di psicologi, sociologi, massmediologi ecc. sono concordi nel sostenere che il Social è un gioco che crea dipendenza e che ha effetti deleteri sia a livello fisiologico che a livello emotivo.
Sembra infatti che passare troppo tempo su Facebook o Instagram non solo riduca concentrazione e memoria ma anche la nostra autostima.
Quando ero ragazza, a scuola ci mettevano in guardia sul potere dei Mass Media, dei messaggi subliminali che potevano lanciare alcune pubblicità, dei modelli distorti che proponeva la tv: era il boom delle moda, delle supermodelle degli anni 90 fidanzate con le rockstar del momento! Noi in effetti guardavamo a quei modelli dalla vita perfetta come creature quasi soprannaturali da imitare sì, ma con la consapevolezza che il loro standard era irraggiungibile.
Ora su Instagram siamo sempre tutti supertop, siamo giovani, belli, riposati e felici anche quando in realtà non lo siamo. Qualsiasi posto, fosse anche la fermata del bus, diventa un posto figo da immortalare per mostrare agli altri quanto è interessante la nostra vita.
Solo che ora, in vetrina, non sono modelle e rockstar ma persone normali, come me e te.
A rigor di logica, avremmo dovuto sentire un leggero senso di inferiorità e inadeguatezza con le supertop e le rockstar, non nei confronti di persone che tutto sommato conducono un’esistenza nella norma proprio come noi e invece sembra che non sia così.
Il fatto che il vicino della porta accanto si presenti ogni mattino su Instagram in tutta la sua perfezione ci instilla il dubbio che forse noi non siamo all’altezza: non postiamo abbastanza foto, non abbastanza varie, non abbastanza stilose…eppure il paragone è con il vicino della porta accanto!
Ecco che allora si insinua dentro di noi il pensiero che sono tutti perfetti, tutti tranne noi.
E il gioco è fatto: ci si sente diversi, inadeguati, non all’altezza, tagliati fuori.
Il senso di appartenenza è un bisogno primario dell’essere umano, lo sappiamo: l’uomo è un animale sociale, senza il consenso del branco può anche morire.
Così gli studi ci raccontano di adolescenti depressi, isolati e soli.
Ma non era un gioco?
Il gioco serve a divertire, rilassare, evadere e anche a educare e i New media possono avere questa funzione se usati con consapevolezza ed equilibrio.
Certamente il guardare delle belle foto può essere un’evasione dalla routine quotidiana e partecipare in qualche modo alla vita altrui può alleviare un po’ la solitudine in certi casi, tuttavia rimane il fatto che sono tutte azioni che si compiono in veste di osservatori e non di attori.
L’autostima non si regala, nemmeno con tanti like.
L’autostima si costruisce con i fatti.
Se la persona che mostri su Instagram non sei tu, anche nel caso collezionassi migliaia di like, che soddisfazione avresti?
Noi tutti abbiamo delle aspettative nei confronti di noi stessi e degli altri ma per essere apprezzati dobbiamo metterci in gioco realmente ed essere valutati in base ai nostri successi e ai nostri fallimenti.
Il Global Digital Report 2019 ci fa una fotografia dei comportamenti degli utenti che naviga in internet. Pensate che la media delle ore passate online è di 6 ore emmezzo al giorno per utente, la metà delle quali da dispositivi mobili di cui 2 ore e un quarto su Facebook.
Su questo argomento sono stati versati fiumi di inchiostro, se ne parla continuamente ma la mia domanda è: cosa fa ognuno di noi per invertire questa tendenza allarmante?
Visto che le parole chiave sono consapevolezza ed equilibrio, forse potremmo aumentare il livello di ascolto di noi stessi e iniziare a percepire quando apriamo Facebook per abitudine, quando lo facciamo per noia, quando lo facciamo senza nemmeno accorgerci in modo a volte quasi compulsivo. Potremmo iniziare a chiederci che sensazione ci provoca il fatto di aprire Instagram e non vedere neanche un like sulla nostra ultima foto, o che reazione anche minima possiamo avere nel guardare la vita degli altri.
Davvero ci interessa tutto? E davvero ci interessa sempre?
Mi è capitato di leggere su La Repubblica un articolo dal titolo “Instagram, il social della perfezione che ci rende infelici” e mi è sorto spontaneo un moto di ribellione: la vita è meravigliosamente complessa di suo, non credo che né io né voi vogliamo delegare la nostra felicità a un app del nostro cellulare.
Troppo spesso sento dire che la responsabilità è della società, dei social network, di Facebook, di Instagram o del mondo che va così, io credo che abbiamo così tanti strumenti a disposizione che potremmo usare con criterio per migliorare la nostra vita e non per peggiorarla (Instagram compreso) e credo che la responsabilità sia anche nostra, non solo di noi stessi ma anche del mondo che va così.